Ieri era la festa della donna. Questo articolo lo scrivo per me e per tutte le donne che si sono sentite anche solo una volta offese, vilipese o insultate da un uomo, che fosse il loro padre, il loro fratello, il loro compagno, convivente, amante, marito, datore di lavoro, ex compagno di scuola o di giochi, ex partner, vicino di casa, conoscente o passante, un qualunque semplice attore che voleva sentirsi in quel momento protagonista della sua vita, di un copione suo, sentirsi qualcuno o qualcosa, abbastanza vile per non trovare altro mezzo per riconoscersi se non il denigrare una donna prima ancora di usarle violenza, di andare alle mani o ai piedi. Allora la usava, quella donna che gli capitava a tiro o quella a cui sapeva di poter far male a parole, per esaltare il suo io. Forse quella che lo aveva o lo avrebbe rifiutato o semplicemente avrebbe rifiutato la sua opinione perché lo irrita che questa donna abbia l’ardire, questa femmina, di sentirsi anche donna perché lei si sente donna, donna che esercita il libero arbitrio, che ha un cervello e osa dichiararlo apertamente, e lo mette davanti ad un muro. Quello del suo disagio di patriarca offeso.
La foto dell’articolo che condivido a supporto di quello che scrivo adesso l’ho scattata con il mio cellulare, non di ultima generazione, perché non ne posso comprare uno nuovo. Do la precedenza ad altre necessità. E’ una foto sfocata, ma si vede bene l’essenziale.. si vede anche il grasso colato dalla crema pasticcera. Il titolo basta ad indignare. Chi vuole trovare l’articolo googlando: uomini che maltrattano ‘un centro di riabilitazione’ non lo trova. Questo è uno di quei casi in cui sei invogliato, spinto a leggere bene, perché sulle prime uno può pensare che sia sbagliato, nel senso che ci dev’essere un errore di battitura. Una svista del tipografo.. il redattore era distratto? Stava male forse. Inizialmente la cosa mi ha fatto sorridere, un sorriso amaro, perchè l’ho letto proprio ieri che era la festa della donna, una festa ipocrita per chi non la coglie come occasione per esaltare una categoria in questo paese troppo offesa e troppo poco difesa da una cultura patriarcale dilagante, cultura di cui spesso si fanno portatrici le stesse donne.. ed il difendere una cultura patriarcale, da parte di una donna, non è un semplice fatto di ignoranza, purtroppo.
Nella stessa pagina c’era uno spazio molto ampio dedicato, invece, alla cronaca delle violenze sulle donne… La disposizione, il layout di tale pagina m’invita, se ci penso, a riflettere, perché l’articolo che cito era in fondo a destra, ma fra le parole che leggevo nel resto della pagina c’era la notizia di una donna a cui lo stalker ha rotto la milza e ora continua tranquillamente a farle stalking… chissà che non si redima leggendo l’articolo qui sopra e sentendosi vittima lui.
Perché chiudono i centri dove vengono accolte le vittime, quelle vere, che vogliono abbandonare (notare il termine) il loro carnefice che è automaticamente, anche se non li sfiora con un dito, il carnefice dei figli che per tutta la vita dovranno combattere con questa esperienza?
Io voglio che sia data la precedenza ai centri che accolgono queste donne, quelle che denunciano e poi sono costrette a tornare a casa, quelle donne che non sono difese dalle leggi. Per cui le leggi e chi le dovrebbe far rispettare non sono abbastanza. Quelle che chiedono aiuto e nessuno risponde. Quelle donne a cui è stato negato il diritto di vivere e quelle che non ce l’hanno fatta perché nessuno si è accorto. Non m’importa se gli uomini maltrattanti sono stati a loro volta vittime di padri violenti, non me ne dispiaccio se non hanno fatto alcunché per correggersi, non me ne importa perché sono uomini che a loro volta usano violenza e insultano in modo gratuito, iniquo.
A questo proposito, a proposito di centri antiviolenza e antistalking, centri di ascolto che chiudono perché non arrivano i soldi (ce n’era uno anche a Pistoia che si chiamava post-it…c’è ancora?) in qualche caso stanziati ma non si sa dove vanno a finire, a fronte delle finanziarie e delle dichiarazioni dei politici. C ‘è un’urgenza di cui nessuno si fa voce, perché nessuno se ne accorge o perché viviamo in un mondo al contrario? Perché viviamo in un mondo al contrario. Gli abitanti di questo mondo hanno una caratteristica peculiare, a mio avviso non necessaria alla sopravvivenza, di sicuro non necessaria alla sopravvivenza delle donne: rigirare una notizia come se fosse una frittata o se volete come un calzino, a scopo di lucro, di notorietà o di espiazione e poi voltare pagina. L’abitante del mondo al contrario non ha genere e non ha un’identità, e per guadagnarne una può sempre assumere almeno un ruolo di pontefice, anche se offende basta che senta che il suo ruolo sia accettato dal suo gruppo, anche se la società se ne dichiara, a parole ma non nei fatti e quasi sempre a postumi, non complice.
A partire da chi ci governa, a partire dai banchi di scuola e dalle famiglie di questo paese non c’è un cambiamento culturale che riconosca le donne degne di un ruolo paritario, specie se sono donne sole. Il riconoscimento del sacrificio quotidiano delle donne non c’è, non è ancora cominciata questa rivoluzione perché aelle donne viene in primis riconosciuto ed esaltato il ruolo di femmine, con tutto ciò che questo comporta. E’ più funzionale. E’ così che sono socializzate perché servono così.
Sono stata insultata da una persona (solo l’ultimo della serie di insulti ricevuti nella mia vita) che ha commentato in modo offensivo un mio post dove mi indignavo di un articolo che informa di un centro di riabilitazione per uomini maltrattanti…e cercavo, anche in modo piuttosto ironico, di difendere le donne: mi domandavo se mai ci potesse essere la fila ad uno sportello per redimere uomini maltrattanti… e con quale motivazione, mi domando oggi, potrebbero gli stessi uomini recarvisi spontaneamente. E’ una cosa ridicola oltre che triste. Una cosa al contrario. Lui ha risposto in modo molto offensivo nei miei confronti. Uomo mai conosciuto di persona, di cui non vedo e non ho mai visto la faccia perché nella foto del suo profilo non la mostrava. Su cosa si sarà basato per fare quel commento?
Io rifiuto gli insulti e i maltrattamenti, specie quando chi li fa mi declassa al ruolo di semplice attrice femmina, perché mi sento donna libera di esprimermi. Almeno il diritto e la libertà di dichiararsi appartenente ad una categoria di donne che rifiuta ce l’ho ancora. In questo caso, se qualcuno si offende e risponde maltrattando, questo maltrattante, il nostro lui maltrattante, è la voce di un patriarca qualunque oltre che di una persona di scarso valore, perché nega la libertà di sentirsi qualcosa a qualcuno che lo fa senza offendere ma semplicemente mostrando il coraggio di ribadire un concetto con una parola, una frase, un’espressione, un atteggiamento, un significativo silenzio: rispettami.
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