Omaggio all’isola
Conosco un’isola dove non esistono specchi
e una donna si pettina negli occhi
dell’uomo che la guarda e lui si fa la barba
negli occhi della donna che lo guarda.
Laggiù chi ha dato ha dato, perché ha molto amato
mentre chi ha solo avuto, se ne sta triste e muto.
Laggiù più del petalo odora la spina,
ogni lacrima scesa sul naso inaugura un nuovo sorriso,
il loro presidente è chi ha meno di niente,
il loro buffone è chi ha sempre ragione.
Navigo per destino sopra l’oceano e il mare
e posso ricordare un’isola speciale
dove chi vince a carte, paga da bere agli altri
e un aquilone serve a far volare il filo.
L’isola occupa il mare, se ne sta nel suo largo. Chi l’ha vista come una prigione, piantandoci i muri di un penitenziario, l’ha fraintesa.
L’isola è aperta a qualsivoglia vento, perciò ha sempre un bordo al riparo.
Mi cresce il bisogno di stare nel suo punto di vista, da dove osservare le collisioni della terraferma.
È certo che in Grecia la disgrazia economica ha ignorato le isole, rimaste illese da cadute di prezzi e di occupazione.
L’isola è una repubblica fondata sopra il mare.
È stata così anche l’Italia in altri tempi e storie.
Le sue leggi sono ispirate alle tempeste.
Il suo fondale sparso di relitti brulica di vita, nessuna stanza vuota.
L’isola in autunno fa da stazione di passaggio agli stormi diretti verso l’Africa.
Il loro volo indica il nord a chi dentro un battello ha come spazio solo il cielo in testa.
L’isola ha ospitato a lungo gli scrittori della futura Carta Costituzionale.
L’Italia è una repubblica immaginata lì.
Oggi si sta decidendo di rifondarla a Disneyland.
Erri De Luca