Pubblico questa lettera di Erri De Luca ad una sua amica di nome Bibiana. Questa lettera si trovava nello stesso numero della rivista In Dialogo di cui ho pubblicato l’editoriale nel precendente articolo. Non conosco il contesto, lo ammetto, e non conosco gli antecedenti, ma se soltanto una persona in più la legge e la condivide ne sarò felice. Nella sostanza è questo che ammiro:
Il coraggio di dichiarare la propria opinione anche quando è scomoda.
Non sto dalla parte del governo israeliano. Anche il popolo di Israele soffre di un governo non interessato alla soluzione pacifica. Sia l’autorità palestinese che Netaniahu sono anzi legittimati dalla continuazione del conflitto. La soluzione resta quella di due Stati ben divisi tra loro. La presenza di insediamenti israeliani in Cisgiordania e a Gerusalemme Est costituisce ostacolo alla soluzione pacifica. Prima o poi dovranno essere ritirati. Anche se oggi in Cisgiordania circa 25000 Palestinesi lavorano in aziende israeliane percependo un salario tre volte superiore a quello che percepiscono lavorando per aziende palestinesi.
Gli Israeliani dovranno lasciare la Palestina sgombera prima che libera. Queste sono considerazioni abbastanza ovvie per un osservatore.
Ho scritto delle righe per Gerusalemme, non per gli Ebrei. Ho scritto per una città minacciata da se stessa, perché chi compie attentati suicidi è un cittadino di quella città, proviene da uno dei suo quartieri. Scrivo da uno dei miei punti di vista sghembi, da un angolo stretto, non da una terrazza panoramica. Ho scritto in questo caso dal piano stradale di quel luogo febbrile, dove tre religioni monoteiste si sono sovrapposte una sull’altra da millenni. Non scelgo tra i feriti i preferiti. Considero ferito a morte, prima ancora di venire ucciso, il ragazzo che accoltella un suo concittadino preso a caso.
Questo è solo il mio punto di vista, non è un manifesto in cerca di firme e di consenso. Chi è in
L’ira funesta proviene dalla vigliaccheria di chi non osa fare queste dichiarazioni. Temono di accollarsi l’accusa di terrorismo. Temono le conseguenze delle loro opinioni. Perciò sfogano l’ira e il rancore di doversi reprimere. Vigliaccheria, Bibiana, si chiama così: ce ne fosse uno o una sola a dichiarare di stare con Hamas.
Circa il mio ruolo: qui l’equivoco è più grande ed è un bene che venga dissipato. Non sono un rappresentante politico, non sono un deputato, un senatore, un parlamentare europeo. La mia opinione resta marginale e ininfluente, quella di uno scrittore tra i vari. Mi hanno piazzato su un banco degli accusati per causa di parola contraria e mi sono difeso per due anni grazie al pubblico sostegno di persone non celebri. Tu hai fatto parte della migliore rappresentanza di questo appoggio continuo.
La sentenza voluta da molti di voi mi permette di scendere da quel banco, che non era un pulpito, non era una cattedra, non era un palco. Chi mi ha preso per un suo portavoce, chi si sente perciò tradito, ha sbagliato persona. Sono un privato cittadino che svolge l’inverosimile attività di scrittore. Non devo fedeltà a nessun gruppo di elettori, non ho cambiato partito, non avendone alcuno.
Considero legittimo cambiare opinione solo se in questo cambio non si va a guadagnarci. È un bene che l’argomento palestinese sia pretesto per dissolvere questo errore di ruolo e di identificazione con me. Non appartengo a nessuno.
Spero di non perdere la tua amicizia. Ma se mai fosse questo il caso, insieme concluderemo che era un’amicizia fondata su un errore. Nella mia vita ho perso amicizie per questioni più importanti del Medio Oriente. Grazie di essere arrivata all’ultima riga, erri.
Erri de Luca